Il carcinoma anaplastico della tiroide (ATC) rappresenta meno dell’1–2 % di tutti i tumori tiroidei, ma è responsabile di oltre il 50 % dei decessi correlati a neoplasie tiroidee. È una forma altamente aggressiva, caratterizzata da rapida crescita locale, invasione delle strutture cervicali e frequente metastatizzazione a distanza. La sopravvivenza mediana rimane inferiore a 6 mesi, rendendolo una delle neoplasie solide più letali.
Un recente lavoro apparso su Frontiers in Immunology documenta come le innovazioni metodologiche della biologia a singola cellula stiano rimodellando l’approccio immunoterapico al carcinoma della tiroide. Le forme poco differenziate, anaplastiche e midollari, caratterizzate da un decorso clinico rapidamente evolutivo e da una sopravvivenza mediana limitata a pochi mesi, rappresentano tuttora un ambito di elevato unmet clinical need, richiedendo lo sviluppo di strategie terapeutiche ad elevata specificità e personalizzazione.
Secondo quanto affermato da Ruyu Chen (Liaoning University of Traditional Chinese Medicine, Shenyang), principal investigator dello studio, l’analisi trascrittomica a risoluzione monocellulare ha sovvertito i paradigmi interpretativi classici, basati su istopatologia convenzionale o analisi mutazionale ristretta, consentendo una disamina più particolareggiata della risposta immunitaria nei tumori tiroidei.
L’indagine ha incluso oltre 150.000 profili trascrittomici derivati da cellule neoplastiche ed elementi immunitari infiltranti, delineando un mosaico di eterogeneità intratumorale e microambientale. Sono stati definiti diversi stati cellulari – da fenotipi follicular-like, a cellule in transizione epitelio-mesenchimale (EMT partial o completa), fino a popolazioni altamente dedifferenziate – organizzati in microambienti immunitari distinti: hot niches (ricche di linfociti CD8+ e segnali IFN-γ), cold niches (povere di infiltrato T) e immune-excluded niches (separate dal tumore da stroma fibroso). Queste configurazioni risultano intimamente associate all’espressione di immune checkpoint (PD-1, LAG-3), a specifici profili di polarizzazione macrofagica e alla refrattarietà alla terapia radiometabolica con ^131I.
Studi funzionali complementari hanno identificato pathways molecolari critici nel mantenimento della plasticità tumorale: in particolare, l’interazione SPP1–CD44 e l’asse GAS6–AXL sono risultati determinanti nella promozione dell’EMT, mentre i macrofagi VSIG4-positivi si confermano mediatori chiave dell’immunosoppressione, responsabili dell’inibizione dell’attività citotossica T e della riduzione di efficacia degli immune checkpoint inhibitors. Analisi di trascrittomica spaziale hanno corroborato tali evidenze, mostrando cluster tumorali ad elevata espressione di PD-L1 in stretta prossimità di strutture linfoidi terziarie CXCL13+, suggerendo un’interazione spazialmente regolata tra comparto tumorale e risposta immunitaria adattativa.
Tecnologie multimodali, quali CITE-seq, hanno consentito una profilazione simultanea di trascrittoma e proteoma, con precisa quantificazione dei recettori citochinici e degli immune checkpoint funzionalmente attivi a livello individuale. Ciò apre alla possibilità di sviluppare ex vivo pharmacological profiling volto a identificare combinazioni terapeutiche razionalmente guidate dall’ecosistema tumorale specifico del paziente.
Queste acquisizioni hanno già stimolato strategie immunoterapiche sperimentali, quali:
- la co-inibizione di PD-1 e LAG-3;
- la riprogrammazione funzionale dei macrofagi tramite targeting del recettore CSF-1R;
- >l’impiego di CAR-T cells dirette contro il recettore del TSH.
Trial clinici precoci con combinazioni, ad esempio lenvatinib–pembrolizumab o selpercatinib–nivolumab, hanno riportato objective response rates prossimi al 40%, sebbene accompagnati da tossicità di rilievo, con eventi avversi di grado ≥3 (in particolare ipertensione) osservati in oltre il 60% dei casi.
Gli autori concludono evidenziando come questa piattaforma di analisi a singola cellula configuri una vera e propria “mappa operativa” per l’immuno-oncologia tiroidea di nuova generazione, capace di colmare gap diagnostici, individuare nuove therapeutic indications e ottimizzare l’impiego dei farmaci in funzione del profilo molecolare e immunologico di ciascun tumore. L’integrazione traslazionale tra scienze omiche, immunologia e oncologia endocrina si delinea, pertanto, quale snodo cruciale per modificare la prognosi di una neoplasia solida ad elevata aggressività biologica e fino ad oggi scarsamente responsiva all’immunoterapia convenzionale.
Front Immunol. 2025 Sep 1;16:1651088. doi: 10.3389/fimmu.2025.1651088. eCollection 2025.