AMIODARONE E TIROIDE

Amiodarone e Tiroide.pdf

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
MICROBIOTA INTESTINALE NELLE TIROIDITI E MALATTIE AUTOIMMUNI
 
LA TIROIDITE DI RIEDEL (E PATOLOGIE IgG4 RELATED)
 
PUNTEGGI PREDITTIVI DI PATOLOGIA AUTOIMMUNE TIROIDEA
 
MARKERS DI RISPOSTA TISSUTALE ALLA TERAPIA SOSTITUTIVA CON L-TIROXINA
 
 
 
 
 
 
 
Articolo Dr. Piazza - L'opinione personale n.3 - febbraio 2020
 
Articolo Dr. Piazza - L'opinione personale n.2 - febbraio 2016
 
"Medicina Metropolitana" - Periodico di Informazione per la Salute ed il Benessere Anno I - Gennaio/Febbraio 2013
 
"Medicina Metropolitana" - Periodico di Informazione per la Salute ed il Benessere Anno V - Numero 1 - Marzo 2011
 
"Palermo Medicina Metropolitana" - Periodico di Informazione per la Salute ed il Benessere Anno 3 - Febbraio 2009 - Autorizzazione: Tribunale di Palermo in corso
 
"Palermo Medicina Metropolitana" - Periodico di Informazione per la Salute ed il Benessere - Anno 2 - n. 2 - Giugno 2008
 
"Palermo Medicina Metropolitana" - Periodico di Informazione per la Salute ed il Benessere - Anno 1 - n. 1 - Settembre 2007
 

 

 
L'amiodarone esiste in commercio sotto forma di "amiodarone cloridrato" in capsule da 200 mg e fiale per via endovenosa da 150 mg (AMIODAR, CORDARONE).


Ogni molecola di amiodarone contiene ben 2 atomi di JODIO (C25H29 J2 NO3).
Viene eliminato per via epatobiliare per dealchilazione in DEA (deacetilamiodarone).
Più in particolare ogni 100 mg di sostanza attiva contiene il 37,5 % di jodio e quindi una sola capsula di amiodarione apporta circa 70 mg di jodio.

Formula Chimica Amiodarone

Il 10% dello iodio contenuto in ogni singola capsula viene liberato per deiodinazione e quindi ne deriva che da ogni capsula vengono liberati 7,5 mg di jodio al giorno.
Se si considera che il fabbisogno giornaliero di jodio per un individuo sano è di circa 150/200 microgrammi/die, ben si comprende a quale sovraccarico di jodio viene sottoposta la ghiandola tiroidea durante trattamento con amiodarone (in media oltre 100 volte il fabbisogno giornaliero).
Ad accentuare tale sovrassaturazione di iodio è l'elevata liposolubilità dell'amiodarone che tende ad accumularsi nel tessuto adiposo, nei muscoli, nel fegato, nei polmoni, nella pelle, nel sistema nervoso ma, soprattutto, la sua lunga emivita (40-50 giorni in media) ed anche dei suoi metaboliti attivi come il DEA (Desetil-amiodarone) che ha un emivita di 55-60 giorni.
Pertanto l'amiodarone per le sue caratteristiche chimiche di composto jodato e per la sua lunga emivita ed anche dei suoi metaboliti, con tendenza a dare accumulo, finisce con l'interferire nel tempo con la funzione della ghiandola tiroidea che, come ben noto produce ormoni jodati (T4: tetrajodio tirosina e T3: trijodiotirosina), nonostante l'accortezza usata dai clinici e cardiologi di adottare opportune discontinuazioni terapeutiche nell'assunzione del farmaco con "finestre terapeutiche" che variano da due a tre giorni a settimana.

CENNI STORICI
L'amiodarone iniziò ad essere studiato nel 1961 alla Labaz Comany in Belgio dal chimico Tondeur.
Successivamente il Dr. Bramah Singh della Oxford University scoprì che l'amiodarone aveva proprietà antiaritmiche (classificato come antiaritmico di classe III).
Basandosi sui lavori di Singh l'argentino Dr. Mauricio Rosembaum iniziò ad usare l'amiodarone per il trattamento delle aritmie sopraventricolari e ventricolari con risultati sorprendenti.
Nel 1980 iniziò ad essere usato in Europa. La FDA ne ha approvato l’uso nel 1985.

MECCANISMO D'AZIONE
Tuttora il preciso meccanismo d'azione dell'amiodarone rimane sconosciuto. Tuttavia si sa che prolunga la durata della fase III del potenziale d'azione cardiaco, prolunga il periodo refrattario e interferisce sui canali del K+.
Ha anche azioni simili agli antiaritmici di classe Ia,II e IV.

INDICAZIONI
L'amiodarone è l'antiaritmico più efficace nel trattamento delle aritmie sopraventricolari e di quelle ventricolari.
Al Rush University Medical Center di Chicago è stata effettuata una revisione sistematica della letteratura (analisi di 92 studi clinici) con l'intento di definire le indicazioni ottimali dell'amiodarone.
Da questa metanalisi è emerso che l'amiodarone è indicato nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra ed insufficienza cardiaca, affetti da fibrillazione atriale ed è anche utile nel trattamento acuto della tachicardia ventricolare sinistra, senza riferimento alla stabilità emodinamica.
Tuttavia in scheda tecnica vengono riportate le seguenti indicazioni: "terapia e prevenzione di gravi disturbi del ritmo resistenti alle altre terapie specifiche: tachicardie spraventricolari (parossistiche e non parossistiche) extrasistoli atriali, flutter e fibrillazione atriale; tachicardie parossistiche sopraventricolari reciprocanti (s. di Wolff-Parkinson-White);  extrasistoli e tachicardie ventricolari; anche trattamento profilattico delle crisi di angina pectoris.

EFFETTI COLLATERALI

  • microdepositi corneali (più del 90%), dopo assunzione prolungata di almeno sei mesineuropatia ottica/neurite (1-2%)
  • colorazione grigio-blu della cute: "smurf syndrome" (4-9%), parzialmente reversibile alla sospensione del farmaco
  • fotosensibilità (25-75%)
  • DISFUNZIONE TIROIDEA nel 14-18% dei casi
  • ipotiroidismo (vedi dopo)
  • ipertiroidismo (vedi dopo)
  • tossicità polmonare (fibrosi interstiziale) (1-7%) con tosse e dispnea accompagnate da segni radiografici e funzionali di polmonite interstiziale con alterazione della diffusione alveolo-capillare che richiede sospensione della terapia e trattamento corticosteroideo
  • turbe neurologiche: tremori, atassia, neuropatia periferica (48%)
  • epatotossicità (aumento delle transaminasi, epatomegalia, epatite e cirrosi pseudo-alcolica <3%; 0,6%/anno
  • nausea, vomito, anoressia, costipazione, dispepsia (80%)
  • disturbi del ritmo ventricolare e "torsades de pointe" che spesso dipendono da interazioni medicamentose e sono legati alla presenza di altri fattori di rischio (ipokaliemia)
  • granulomi nel midollo osseo associati  ad anemia emolitica, anemia aplastica, leucopenia, pancitopenia (8 casi in letteratura e per terapie prolungate > di due anni)
  • Epididimite (11%)

Note: durante trattamento con amiodarone l’ECG può risultare modificato per la particolare morfologia dell'onda T, che evidenzia l’allungamento della ripolarizzazione e con l'eventuale comparsa di onda U.
Dette alterazioni ecgrafiche sono indice di attività terapeutica e non di tossicità del farmaco.

AMIODARONE E TIROIDE
L'amiodarone può essere causa di disfunzione tiroidea nel 14-18% dei casi e può determinare sia ipo che ipertiroidismo. 
Nelle aree geografiche a normale apporto jodico determina più frequentemente ipotiroidismo (20-22% negli Stati Uniti e 5% in Italia).
Nelle zone di endemia gozzigena e jodocarenti è causa invece più frequentemente di tireotossicosi (10% in Europa e 2-3% negli Stati Uniti) con un incidenza maggiore nei pazienti di sesso maschile rispetto a quello femminile (rapporto M/F di 3:1).
Concorda con i dati precedenti un lavoro pisano di Martino e al. che analizza la prevalenza di iper e ipotiroidismo da amiodarone in un’area jodocarente  (Toscana: joduria 68 micg/g di creatinina) e jodosufficiente (Massachussetts UI 185 micg/g di creatinina). 
Da questo studio emerge una prevalenza più alta di ipotiroidismo a Worcester (22%) rispetto alla Toscana (5%).
L'ipertiroidismo di contro ha una maggiore prevalenza in Toscana (10%) rispetto a Worcester (2%).

L'eccessivo carico di jodio, che è il substrato metabolico per la sintesi degli ormoni tiroidei è uno dei motivi di interferenza dell’amiodarone sulla funzione tiroidea.

Il secondo motivo è che l'amiodarone è un derivato benzofuranico che è un analogo molecolare dell'ormone tiroideo T4 (tiroxina).
Pertanto l'amiodarone compete con le desiodasi periferiche che trasformano la T4 in T3 determinando una parziale inibizione della conversione periferica della T4 in T3 (competizione metabolica dell'amiodarone nei confronti della levotiroxina).
Formula Chimica Tiroxina

In particolare l'amiodarone determina a livello epatico una parziale inibizione della 5’ DESIODASI DI TIPO I con riduzione della coversione della T4 in T3  e diminuita conversione della  rT3 (reverse T3) in T2  e diminuito metabolic rate della T4.
A livello ipotalamico-ipofisario l'amiodarone inibisce la DESIODASI DI TIPO II determinando una parziale inibizione della conversione della T4 in T3 .
Ne deriva che in corso di terapia con amiodarone il riscontro di valori modicamente elevati di FT4 con bassa FT3, aumentata rT3 e TSH ai limiti alti della norma è tipico del trattamento con amiodarone e non richiede accorgimenti specifici.
Queste alterazioni dei parametri di funzionalità tiroidea si evidenziano durante i primi tre mesi di terapia con amiodarone.
Dopo il 3° mese di trattamento  persiste sempre l'elevazione della reverse-T3 e la modesta elevazione del TSH e della FT4 che possono essere solo ai limiti alti della norma.
Tuttavia un elevazione della reverse T3 > di 100 – 110 ng/dL è indice di una tossicità tiroidea dell'amiodarone.
L'eccessivo carico di iodio, come prima anticipato può causare distiroidismo e può determinare un eccessiva sintesi di ormoni tiroidei sia in pazienti con preesistente tiroide normale sia in quelli con patologie preesistenti (gozzi nodulari con aree di autonomia funzionale o predisposizione alle tireopatie autoimmuni iperfunzionanti come il pre-Basedow).
Questa forma di ipertiroidismo indotta da amiodarone viene classificata come "tireotossicosi da amiodarone di tipo 1"  ed è associata a normale o elevata iodocaptazione (Jod-Basedow) ed aumentata vascolarizzazione evidenziata all'ecocolordoppler.
Questa forma di ipertiroidismo può insorgere durante trattamento cronico ma può insorgere anche dopo alcuni mesi dall'interruzione della terapia a causa della lunga emivita del farmaco e dei suoi metaboliti jodati.

L'eccessivo carico di iodio può avere anche un effetto citotossico diretto sulle cellule follicolari tiroidee e determinare una tireotossicosi da distruzione del tessuto ghiandolare come si verifica nelle tiroiditi subacute ad etiopatogenesi virale, con possibile evoluzione in fibrosi ghiandolare.
Questa forma di tireotossicosi dovuta alla distruzione ghiandolare per effetto citotossico  diretto dello iodio è classificata come "tireotossicosi da amiodarone di tipo 2" ed è associata a ridotta iodocaptazione, assenza di ipervascolarizzazione all'ecocolor-doppler e netta elevazione dell'interleuchina 6 (IL-6).
L'ipotiroidismo da amiodarone, invece, ha una più alta incidenza nel sesso femminile (rapporto F/M di 5:1), predilige le età più avanzate ed è particolarmente frequente nei soggetti predisposti a tireopatie autoimmuni, in primis, la "Tiroidite di Hashimoto".
Il rischio di ipotiroidismo sale al 12-14% se al sesso femminile si associa positività degli AbTPO.
L'ipotiroidismo indotto da amiodarone è di solito lieve con modesto rispettivo clinico sintomatologico.
In letteratura sono descritti però rari casi di mixedema severo ed un caso di coma ipotiroideo.

La patogenesi dell'ipotiroidismo da amiodarone, nei soggetti con diatesi autoimmunitaria, potrebbe ascriversi ad un aumento dell'antigenicità della tireoglobulina da eccesso di iodio, con una esacerbazione dell'autoimmunità tiroidea e/o ad un aggravamento di preesistenti turbe dell’ormonogenesi tiroidea.

In condizioni normali  la somministrazione di un carico orale di jodio provoca una riduzione della sintesi ormonale tiroidea per l'effetto Wolff Chaikoff, cioè, per diminuita organificazione dello jodio da inibizione del mRNA per la perossidasi con conseguente transitorio ipotiroidismo.
Dopo un certo tempo la situazione tiroidea ritorna normale per l'escape dal fenomeno di Wolff Chaikoff, per la down regulation del symporter NA-I per inibizione dell’mRNA per il NIS e ripristino dell’eutiroidismo.
In corso di terapia con amiodarone, alcune delle disfunzioni tiroidee riscontrate potrebbero dipendere da un’incapacità di adattarsi dell’effetto Wolff Chaikoff.
Da ultimo è stato osservato da alcuni un azione di blocco dei recettori periferici della T3, indipendentemente dall’effetto sulle desiodasi, che inibisce l'esplicarsi dell'effetto biologico delle iodotironine (ipotiroidismo tissutale o periferico determinato dall'amiodarone).

LA TERAPIA DELL'IPERTIROIDISMO DA AMIODARONE
La terapia dell'ipertiroidismo indotto e/o slatentizzato dal trattamento con amiodarone rappresenta un grosso problema per il clinico, per il cardiologo ed anche per l’endocrinologo per i seguenti motivi:

  1. la somministrazione dei farmaci tireostatici di sintesi (MMI: mercaptometilimidazolo  e PTU: propiltiouracile), secondo gli schemi posologici classici, risulta poco efficace per la refrattarietà della ghiandola tiroidea satura di iodio.
  2. il trattamento radio-tireo-ablativo con J131 risulta spesso inefficace e poco praticabile  per l’inibizione della captazione tiroidea dello J131 a causa sempre dell’eccessivo carico di jodio.
  3. la tiroidectomia è anch’essa rischiosa da praticare, trattandosi sempre di pazienti con gravi patologie cardiache ed elevato rischio operatorio ed anestesiologico.
Ciò nonostante è in uso il seguente schema terapeutico:
  • sospendere, ove possibile, l'amiodarone.
  • l’associazione sinergica di tionamidi( MMI fino a 30- 40 mg die) + perclorato di potassio (fino ad 1 gr die) si è dimostrata la più efficace ed in grado di controllare l'ipertiroidismo da amiodarone nell'arco di 15-30 giorni di trattamento.

Tale azione sinergica tra i due farmaci è dovuta da un lato all'inibizione della sintesi degli ormoni tiroidei e dell'organificazione dello iodio da parte delle tionamidi e dall'altro al blocco del trasporto ed all'aumentata espulsione dello joduro (jodio non organificato) dalle cellule follicolari tiroidee operata dal perclorato di potassio (KCL).
La terapia con KCL non può essere protratta oltre 30-40 giorni per la possibile insorgenza di effetti collaterali seri: agranulocitosi, anemia aplastica e s. nefrosica.
Alcuni studi hanno evidenziato l'efficacia del perclorato di potassio associato al carbonato di litio (900-1350 gr/die sempre per 30-40 giorni) nel raggiungere in tempi più brevi l’eutiroidismo.
L'associazione di cortisonici  può essere particolarmente utile nelle forme di tireotossicosi tipo 2 (da citolisi diretta), in cui le tionamidi sono inefficaci.
La dose e lo schema terapeutico "a scalare" varia a seconda dello steroide utilizzato: 15-50 mg die di prednisone o 3-6 mg di desametasone.
Altri presidi terapeutici nell'ipertiroidismo da amiodarone sono rappresentati da: beta bloccanti, acido iopanoico (in caso di programmata tiroidectomia, ove possibile effettuarla), e in casi selezionati particolarmente gravi la Plasmaferesi.

Il ricorso alla TIROIDECTOMIA TOTALE si impone con indicazione elettiva in caso di:

  • impossibilità a sospendere l’amiodarone
  • refrattarietà alla terapia medica
  • deterioramento della funzione cardiaca
  • gravità dei sintomi da tireotossicosi
  • necessità di sospendere la terapia medica per gravi effetti collaterali

Da tenere presenti le complicanze della tiroidectomia per ipertiroidismo da amiodarone evidenziate da Hought e al. alla Mayo Clinic (2004): 9% di decessi e 29% di complicazioni.

LA TERAPIA DELL'IPOTIROIDISMO DA AMIODARONE
Consiste nella somministrazione di levotiroxina secondo gli schemi posologici classici individualizzando la dose di L-T4 caso per caso e senza necessariamente sospendere la terapia con amiodarone che può in genere essere continuato.
Durante terapia con levo-tiroxina il TSH va mantenuto ai limiti superiori della norma per evitare il pericolo di iperdosaggio, trattandosi spesso di pazienti anziani e cardiopatici.
Se si sospende l'amiodarone l'ipotiroidismo è in genere reversibile tranne che nei casi di preesistente tiroidite autoimmune sottostante.
Un breve ciclo di un mese circa di perclorato di potassio (Pertiroid cp) può favorire il ritorno all’eutiroidismo.

AMIODARONE E GRAVIDANZA 
Un lavoro di Bartalena e al. (2001) ha esaminato la funzione tiroidea di 64 neonati nati da madri trattate durante la gravidanza con amiodarone.
Solo in 11 neonati è stato diagnosticato ipotiroidismo transitorio (con gozzo in 2 soli casi) e in altri 2 ipertiroidismo transitorio.

CONCLUSIONI
L'amiodarone rimane un farmaco eccellente e salvavita per il trattamento di gravi aritmie cardiache.
Tuttavia l'eventuale protrarsi della terapia richiede un attento monitoraggio clinico ecografico e funzionale della ghiandola tiroidea  e una stretta collaborazione tra cardiologo ed endocrinologo.


BIOGRAFIA:

  • CUORE E TIROIDE (Aldo Pinchera, Stefano Mariotti e al.1995)
  • GLI EFFETI DELL'AMIODARONE SULLA TIROIDE (Enio Martino-Luigi Bartalena et al. Endocrine Reviews)
  • GOODMAN e GILMAN: le basi farmacologiche della terapia
  • BATCHER ET AL ( Am J Med 2007; 120:880-885)
  • JOURNAL OF AMERICAN MEDICAL ASSOCIATION 2007
  • WIKIPEDIA, The free ancyclopedia
  • Amiodarone (MedicineNet.com)
  • Amiodarone (famili Practice Notebook.com)
  • Amiodarone (The WorldWide Intensivist)
  • Effects of Amiodarone on Thyroid Function (Kishore J.Harjai, MD e al. Ann Intern Med 1997; 126:63-73)
  • LA TIROIDE, fisiopatologia, diagnostica molecolare (M. Andreoli, Cap 11, pag. 160)

 

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